Il lavoro dopo il Covid19: cosa cambia per professionisti e aziende?

L’emergenza sanitaria mondiale non è ancora terminata, e sebbene in Italia si tira un sospiro di sollievo, si guarda all’autunno con riserva. Come affrontare il lavoro e lo smart working?

Autunno 2020 smart working. Come affronteranno le aziende il lavoro durante la prossima stagione autunnale in cui si attenderebbe la seconda ondata di contagi? Quale possibile soluzione? 

AUTUNNO 2020 SMART WORKING 

Luglio 2020. L’emergenza sanitaria nel mondo non è ancora rientrata; in Italia si tira un sospiro di sollievo, ma non si può ancora cantar vittoria. Il Covid19 ha portato un profondo sconvolgimento globale. Oltre alla paura della morte, contro la quale in Italia si è combattuto moltissimo nei mesi apicali della pandemia e ancora si combatte nel resto del mondo, adesso si fanno i conti con la morte delle aziende e con la crisi delle professioni.
AUTUNNO 2020 SMART WORKING, COSA CAMBIA, DUNQUE, NEL MONDO DEL LAVORO? 
Questa domanda è ancora lì, appesa a un filo da mesi; il governo tricolore pensa a una riforma per introdurre definitivamente lo smart working tra le modalità da adottare, ma sono ancora molti i buchi neri da analizzare. Il lavoro da casa non è lo smart working (noi di Mullum lo abbiamo detto e spiegato anche nell’ebook ‘Superare la crisi’, già ad aprile), così come lo smart working non può essere riducibile a un semplice telelavoro. È proprio la gestione del lavoro a cambiare: i tempi, le modalità, i luoghi, gli obiettivi, vanno concordati. Chi sono le parti che devono ‘concordare’?

SMART WORKING: QUALE ACCORDO?

Chi deve concordare, dunque, la modalità di espletamento del lavoro da svolgere?
È proprio questo il nodo da sciogliere con la riforma. Ai lavoratori spetterebbe il diritto alla disconnessione, ma al datore di lavoro spetta comunque il controllo sull’operato ma pure il controllo sulla sicurezza; ai lavoratori spetterebbe il diritto di parità di trattamento economico e normativo, ma è pur vero che la legge preveda l’obbligo di cooperazione cui è tenuto lo stesso lavoratore in relazione alla prevenzione dei rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali. E così via. La materia è oggetto di studio non a caso.

LAVORARE DA CASA NON E’ SEMPRE LA SOLUZIONE OTTIMALE 

Molte sono le aziende – e i lavoratori – che pur favorendo la modalità smart, cercano soluzioni alternative al luogo di lavoro tradizionale.
Il Covid19 per esempio, riportando al sud Italia molti lavoratori precedentemente trasferiti al nord, pone il problema dell’immediato futuro. In vista dell’autunno e di una ipotetica seconda ondata di contagi, infatti, aziende e lavoratori stanno valutando soluzioni alternative alla propria residenza o al proprio domicilio. Spesso perché l’abitazione non è attrezzata per il lavoro, non è l’ambiente ideale o semplicemente non offre quella dinamicità tipica che mette in relazione le persone. Sicché le aziende stanno sperimentando (quelle che già non lo facessero) soluzioni smart e ‘chiavi in mano’.
LO SMART WORKING NEI BUSINESS CENTER 
Dove trovare soluzioni chiavi in mano? Una possibile risposta arriva dal business center, luoghi attrezzati con uffici già arredati e a norma, in cui coesistono realtà aziendali e professionali. Ciascuna realtà può prenotare per un tempo stabilito un ufficio al cui interno vi siano postazioni di lavoro adeguate; ciascun ufficio è inserito in un contesto al cui interno coabitano diverse realtà. Una sorta di coworking evoluto in cui ciascuna azienda ha il suo spazio a uso esclusivo. Un vantaggio per l’azienda, quindi, che consente al lavoratore di operare in un ambiente silenzioso, riservato e organizzato a costi contenuti perché il canone di noleggio – oltre a essere completamente detraibile – contiene spese di arredo, utenze, pulizie e spesso anche un servizio di reception e segretariato. Presso il business center l’azienda può collocare, dunque, la sua unità locale senza spendere un patrimonio.